Il 14
Luglio 1912 alle 13,48, di fronte al palco reale dello stadio Olimpico di
Stoccolma, 69 concorrenti iniziarono la contesa per la conquista della medaglia
d’oro nella maratona, che allora si disputava su 40,200 km. La conclusero solo
in 35 e al 30° km la gara fu funestata dalla morte del Portoghese Francisco
Lazaro, per la fatica e la disidratazione. Fu il primo tragico evento
nell’atletica e da allora si decise di spostare le partenze nelle ore meno calde
della giornata. Vinse il Sudafricano McArthur Kennedy in 2h36’54’’. Ora viene
riproposta la versione rievocativa dal sapore antico, la Jubilee Marathon
Stockholm, su identico percorso che va dallo stadio Olimpico a Sollentuna e
ritorno. Già il Venerdì, all’expo nell’area adiacente lo stadio, si entra nel
clima dei primi anni del Novecento con vestiti tipici, banchetti e macchine di
allora, il tutto rallegrato dalle musiche del tempo. D’obbligo la visita allo
stadio e si presenta una struttura
tenuta come un gioiello, con le tribune in
legno perfettamente conservate e con il manto erboso
curato da un addetto con
estrema maestria. Sabato 14 la zona viene presidiata
dall’organizzazione e si
viene indirizzati al campo sintetico di Ostermalms, dove la logistica ha il
suo
punto di riferimento ed è prevista la consegna delle sacche. Un percorso
obbligato porta tutti i partecipanti all'esterno dello stadio dove si viene
convogliati in spazi appositi, secondo il numero di pettorale. Le partenze
avvengono in scaglioni da 2000, la prima partenza è alle 13,48 ed a distanza di
10 minuti, si susseguono le altre. Io sono nell’ultimo gruppo avendo
trovato il
pettorale a iscrizioni ultimate; mi son dovuto accontentare di quel che passava
il convento, ed a prezzo doppio per giunta. Alle 14,20 ci accompagnano
all’interno dello stadio e facciamo 300 metri di pista per posizionarci sotto il
palco reale. Le tribune sono parecchio affollate ed è una bella emozione quella
che prende i concorrenti, molti dei quali si presentano con vestiti tipici
dell’epoca, rispondendo all’invito degli organizzatori. Mentre siamo allineati
in attesa della partenza, alla nostra sinistra uno squadrone di militari in
uniforme, provvede a caricare a salve la baionetta per decretare la partenza.
Una potente fucilata mette in moto gli ultimi concorrenti e così prende il via
anche la mia gara. Fortunatamente il clima è buono, il cielo
è coperto e la
temperatura sui 18 gradi, con un indice di umidità un po’ alto. All’uscita della
pista supero Sara,
di verde fò di pe vestita e cerco di togliermi dalla coda
lenta
con una progressione che finisce dopo nemmeno un km. Una bella salita mi
mette il freno e poi discesa non male, una curva e poi salita e poi giù e poi su
e poi giù. Ma cosa è una corsa in montagna? Ed a peggiorare la situazione strade
strette con passaggi in ciclabili dove a malapena riesci a correre. In pratica
l’andata è da paura, accelerazioni e rallentamenti, salite e discese e dispendio
imprevisto di energie. Nel mese di Giugno ho impostato l’allenamento sulla
regolarità, con 4 bei lunghi che hanno portato buone sensazioni, ed adesso mi
ritrovo a disputare una gara con un ritmo completamente diverso. Mi ero
riproposto di concludere tra le 3h30’ e le 3h45’ e per rispettare la tabella
spingo più del solito, riuscendo a passare alla mezza nel tempo stabilito. Come
si
ritorna verso Stoccolma, il tempo si fa più minaccioso ed un vento freddo
soffia in senso contrario. Pur di mantenere la media continuo a spingere finche
si spegne la luce. Il percorso che prima si sembrava impegnativo ora è diventato
durissimo, le salite un muro
invalicabile e le discese delle rapidi. E i tratti
in piano? Francamente me ne ricordo pochi. Ormai in crisi irreversibile, prima
punto alle 4h, poi alle 4h30’ e per ultimo a migliorare almeno Copenaghen.
Quando entro nello stadio sono stremato, potrei terminare il
percorso classico
dei 40.200 km in 4h15’ ma non ci penso un attimo, devio a sinistra per fare gli
ultimi 2000 metri. Quando rientro nello stadio sento l’applauso della gente
assiepata sulle tribune che diventa urlo in prossimità dell’arrivo. Concludo la
distanza della maratona in 4h31’51’’, mi faccio mettere al collo la medaglia e
brindo con lo spumante che viene offerto prima dell’uscita. Poco dopo arriva
Sara, pure stremata, che si accontenta della 40,200 in 4h36’17’’. Lo Svedese
Michael Mustaniemi ha vinto sia la maratona in 2h35'32 che la Jubilee su
distanza ridotta in 2h27'08''. E’ stata comunque una bella esperienza, alcune
situazioni mi hanno emozionato e poi mi sono immedesimato in chi 100 anni fa ha
corso su questo percorso, con fondo sterrato, senza ristori ed in condizioni
proibitive. Quello che invece mi piacerebbe sapere è il nome di chi ha deciso di
ideare la maratona Olimpica su un percorso del genere. Un vero genio.
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